Poesie

  • Viale del tramonto
  • Quando verrà quel giorno
  • ti guarderò negli occhi.
  • Sorridendo
  • ti prenderò per mano
  • per portarti in un posto 
  • che non so.
  • Ma sarà bellissimo.

Diciotto anni di Andrea       7 novembre1999

C‘è chi canta di novembre la tristezza

Amareggiato che riposi la natura

Contraddire il suo pensiero certo è dura

Ma è sicuro che ne ammira la fierezza

Al mio balcone, dalle pendici il Boglia

Con orgoglio mostra degli alberi le tinte

Tanto belle da sembrare finte

E restare a rimirarle viene voglia

Figlio diletto, tu ne sei frutto e vanto

Di questo mese strano se non lo guardi attento

Con te dell‘anima voglio sentire il canto

Nel cuore una tempesta e la melodia del vento.

Lo so!

Su chi ti generò stai già pensando: “ hai rotto

Fammi gli auguri e lascia i massimi sistemi “

Ed io ti conto gli anni…: per così poco tremi?

Al sette di novembre son diciotto

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Il Vento

S’alza il vento

Umide le foglie

Lento le asciuga

Il soffio naturale.

Forte il pianto.

Cauto, il tempo

Lenisce nel ricordo

Lacrime e tormento

Scura è la notte

Luminoso il giorno

Ombre di vita

Che finiranno un dì

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Imbrunire                             Luglio 1998

All’imbrunire fioccano i pensieri

e della vita il film scorre veloce.

non puoi sentire, non lo dico a voce :

sino ai vent’anni miei mi chiedo tu… dov’eri.

Mi piace tanto immaginarti intenta

a coccolar di me, nei tuoi pensieri, il volto

che sfrontatezza ! ma mi piace molto

pensarti triste e al mio passaggio attenta

Ora che sei del mio presente il tutto

lo so che altro non potevo fare:

Nel mio destino attraversare il ma

per ritrovar con te nei nostri figli il Frutto

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A Luca                                              luglio 1994

Se lo sguardo in te si posa

la mia mente non riposa

ti rivedo piccolino

caro, dolce, mio bambino.

Ed ora sei grande,

l’età veloce avanza…

il tuo sguardo prima risplende

poi ti chiudi in una stanza.

Che curioso, che stranezza

questa tua giovinezza

ora sorridi, poco dopo chissà

forse la vita poca gioia ti dà.

Certo, lo so! è dovuto all’età

non sei più bambino

e ancor uomo non sei

tempo al tempo che verrà.

Ciò che provo nel guardarti

mentre cresce la tua età

non è facile a spiegarti

ma di certo lo sai già.

Rimpiango il bambino ch’è in te,

saluto l’uomo e chissà perché,

mi spaventa e mi commuove

per le incognite che ha

…e chissà che soddisfazioni ti darà.

Poi… l’amore piano bussa

forse neanche te ne accorgi

il tuo cuore batte forte e scorgi

pensiero frequente…Tanja la Russa.

Ti voglio bene, Luca, sei il mio diletto.

Te lo dica in poesia :

giù in fondo all’anima mia

ti credo un super, sei perfetto.

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Omaggio alla Gallura

Canta lu jaddhu la boci di Gaddhura

sinn’affutti di lu jacciu e la calura

Canta cun boci beddha assai

ancora pal te chi no lu sai

No sai ch’in gaddhura semu a orienti

d’una Tarra dicciosa e splendenti

Canta lu jaddhu e lu pettu mostra fieru

si ‘anta e si rimira però è beddh’avveru

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Mmmm bop                   Settembre 1997

Quante volte nella vita ho pensato

Ad un gesto, un sorriso ormai andato

Tra le pieghe del tempo perduti

Frutti passati, alla vita ormai muti

Quante volte ho rivisto le scene

Dei miei anni ancor verdi e già pieni

Di sospiri e d’amore nelle vene

Quale fiume irruente non trattieni

Quante volte pur vivendo il presente

Che del passato, è sicuro, risente

Come un lampo, ma per una canzone

Non la freno ma è istintiva reazione

Di tutto in un attimo si desta

Dolci pensieri legati al filo dei ricordi

Così la mia anima fa festa

E l’irruente fiume ritorna come un dì

Eppure mai avrei pensato che dei ricordi altrui

Che per altro son stati forse momenti bui

Io mi appropriassi e sino a starne male

Sicchè tempesta nel cuore mio risale.

E quale gioia immaginare te, mio figlio

Che dei pensieri sei la mia  costante, il tutto

Percorrere quell’ansa sicuro, e con che piglio

Del tuo carattere sicuramente il frutto

Sono gli anni tuoi che di tristezza il cuore

Si riempie sino al colmo e ne stai male

Ti sono amico oltre che padre, amore

Ti son vicino se tu non sai che fare

Intanto una canzone scorre nello stereo

E quanto ci diciamo sembra suggellare

Ah se lo rivedo quel tuo viso quasi cereo…

E gli Hanson continuano a cantare

Un motivo allegro, accattivante

Ciò che dice è inglese, non capisco

Non è certo per trovare una scusante

Ma quel che provo è il tema di quel disco

Degli anni tuoi la melodia mi dice,

Per una donna ti sobbalza il cuore

Quei tre ragazzi cantano, sei felice !

Ad una donna hai donato amore

Ora ogni volta che sento quel motivo

Tal mi sovvieni vedendoti com’eri

E quel momento ritorna ancora vivo

…Saranno anni o sarà stato ieri ?

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Padre                                                 Maggio 1996

Ti sia dolce, Padre, il dipartire

e se non vederti mi darà dolore

fammi pensare agli anni che l’amore

mi hai insegnato non potrà morire.

Tu che da piccolo mi sembravi eterno

che il tempo e il male non potean scalfire,

ora ti vedo nella stagione inverno…

ma il caldo che mi hai dato non potrà finire !

Voglio pensarmi nelle tue forti braccia,

voglio cullarmi all’onda dei ricordi

sì che bambino ancora mi riporti

e del dolore non rimanga traccia.

Come pensarti ora dolorante,

vederti avvinto e vinto dal patire

ma se il tuo corpo diverrà implorante

…Ti sia dolce, o padre, il dipartire.

Non è il dolore che mi fa paura

ma il pensare a mamma, ai fratelli,

a noi tutti legati come anelli

Padre, senza di te la vita sarà dura.

Ma se lo voglio e ci penso veramente

nella mia vita riesco a immaginare

la tua presenza voluta fortemente

come faro che mi aiuta a navigare.

Eppur la vita inizia per finire

rose, spine, tutti appassiranno :

questa legge non conosce inganno.

Ti sia dolce, o padre, il dipartire.

Dopo il tramonto arriva sempre sera

e questa notte è dura da passare

ma se ripenso a mio papà com’era,

non con gli occhi… ma lo vedo volteggiare

oltre la vita a riallacciar contatti

con i cari che ci hanno preceduto

e come noi un dì hanno creduto

nell’aldilà i sentimenti intatti.

…Tant’è…

Voglio pensarti ancora, padre mio,

a preparare un posto a te vicino

che sia non lontano dal divino

unico, grande, immenso, eterno Dio.

Con tutto ciò ti ho voluto dire,

malgrado il cuore pieno di paure,

ch’io non penso la morte sia una scure.

Ti sia dolce, padre,il dipartire.

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Ho visto                                              2004

Ho visto il dolore in uno sguardo

impietrito e incredulo.

Ho visto una mano tremante

indugiante accarezzando un volto.

Ho visto lacrime che non erano

perché arse dalla disperazione.

Ho visto un corpo immobile scrutato

scannerizzato e impresso nella mente

da adesso, per domani

Per gli anni che verranno

e il tempo da sopravvivere

Nella mente per sempre!

Ho visto un dolore senza età

gridare vendetta al cielo.

Ho visto occhi scrutare

il film di una vita ormai spenta.

Ho visto lo sguardo addolcito

al ricordo di momenti felici,

severo al refrain di innocenti marachelle,

basito da adulti dispiaceri.

Ho visto una madre incredula,

l’assurdità di un figlio

generato per sopravvivere,

ma perso e vinto nel suo tempo migliore.

Poi ho visto un uomo

padre e sposo,

stare loro di fronte con lo sguardo perso e vacillante,

come granito su pendio scivoloso,

ma fedele al suo ruolo.

Lui! Sostegno di quella fragilità che gli sta di fronte

eppur vinto lui stesso.

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A un Amico

Sempre cari mi sono i tuoi pensieri

Che, presi da un giornale, mi hai donato ieri.

Ora non dire: “il cuor non mi si allieta,

sono parole d’altri e io sono solo un ponte”,

ché tanto non ci credo. Sei tu la vera fonte

delle parole scritte e del pensier l’asceta.

Dopo aver letto Göthe, il suo racconto mesto

rivedo in me l’autore e me ne approprio lesto.

Lo so! Con altre e ben più misere parole

ma l’identica e sentita fitta di dolore.

Anch’io, tornando e mirando il natio paesello

Mi affliggo pensando che ormai non è più quello.

Ma i confini non invidio dei padri antichi nostri

Ché in giro per il mondo non ho trovato mostri.

Ho conosciuto, invece, luoghi e anime gemelle,

che in parte hanno arricchito e rimpiazzato quelle

lasciate in gioventù nel tempo ormai perduto

correndo dietro ai sogni di chi per me ha voluto.

Di questo ti ringrazio e benedico, amico:

se un tramite ti fai, dei mei pensieri il vanto

con questa stupidata mi sfogo e te lo dico:

mi nasce la chimera, dal cuore il canto.

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Suture                                    febbraio 1997

A Voi che uniste le mie amate sponde

giammai non manchi dei ricordi l’onde.

Ah qual tormento che con voi ho provato

Ora voi appese… ed io sono rinato.

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Patrieluglio 1998

A te che gli occhi posi e con lo sguardo attento

su quanto vaneggiando in questo foglio inerme

del mio pensar contorto, libero qual verme

il ragionar presento a te come lo sento

Sono d’Ichnusa nato e un dì, pagando il fio,

in terre sconosciute trasportato a stento

da chi mi die’ la vita e del volere mio

non si curò ma in altro pose accento

Il fato se ne frega ed è indolente

di quanto a volte pensi e il cuore sente

‘si che ignaro e il cuore pieno di paura

la mia Metà trovai in Elvetica natura

Ora è risaputo che a caval donato…

e questo ragionar mi parve giusto

( di certo non lo nego e provo gusto )

se in dote mi portò tal qual gli ho dato

A dirla esplicito, perché tergiversare ?

la patria mia anche la sua divenne

e dato che all’avere corrisponde il dare

ne presi l’attinenza : questo avvenne

La dico spiccio per andare dritto al succo

son di due patrie figlio : che fai resti stucco ?

non mi si chieda, se amo più dove son nato

o se l’amore nuovo l’ha oscurato

Ora, se a un bimbo chiedi se vuol bene

al suo papà o mamma preferisce

non ti risponde in quanto lo ferisce

la tua domanda… e certo non conviene

Non ho vantaggi cui menare vanto

da questa condizione che mi son trovato

m’è testimone Dio e lo ringrazio tanto

del vivere mio presente, qual son nato

Ma ieri l’altro parlando con un tale

non so perché ma chiese a bruciapelo

quale patria amavo e con che zelo

scartando l’altra quasi fosse il male

“Ah sei di quelli che a tenere i piedi

in una scarpa, ignavi, lor conviene”

disse, e al suo obiettar non ho rimedi

né mi disturba quanto in testa tiene

Il paragone non è certo dei migliori

ma detto fatto mi comincia a balenare

mi assilla e mi seduce come l’ape i fiori

te lo propongo : lungi da me il pontificare

Mi ritrovai e ancora spesso mi ritrovo

delle volte col pensiero a immaginare

in un estuario i lmare ad indagare

da dove il fiume viene ; Ti riferisco, provo :

Dice il mare al Po : raccontami chi sei

da dove vieni e chi ti ha generato

non ho mai visto in tutti gli anni miei

un tal portento a lode del creato

“Del Monviso sono conosciuta prole”

risponde il fiume baldanzoso e stanco

“Son panacea, speranza, e, per chi vuole,

guida sicura per chi mi vive al fianco.

Le mie ricchezze dono a piene mani,

con chi mi sta vicino son solerte

non c’è paura o buio nel domani

gioia, ricchezza, tutte cose offerte

“Che ne diresti, bello, e raccontarla giusta”

Dal suo di dentro una vociona grida

“Se sei potente come un novello Mida

Lo devi a me Ticino: o non ti gusta ?

Fingi di scordare i miei trascorsi illustri

le Genti fiere che non c’è l’uguale

sono di due nazioni orgoglio e lustri

Non esistessi io… ! ma ci sono e meno male

“O senti questa” urla l’Adda possente

“c’è tra di voi chi nobiltà l’ammanta ?

se si, dov’è ? in fede… quanta ?

prego tacete: fate torto alla mia mente

Dico niente se rammento a lor signori

di quel *tratto del lago di Como*

chi ne scrisse, mi citava, ah !… che uomo

Senza offesa, se mi cullo tra gli allori”

In un frastuono sempre più assordante

ogni affluente mormora, alza la voce

che caos ! dov’è finita tutta quella pace

del grande fiume teso all’incontro con l’amante

“Bravi ! figlioli non vi agitate tanto”

li calma tutti il mare coprendosi di vanto

“se siete grandi e belli non lo dovete al fato

ma solo a me che un dì vi ho generato”

È questa la morale, se mi permetti, amico,

di ciò che fai sii fiero, gonfia potente il petto

non ti adombrare se adesso te lo dico :

di meriti non tuoi non ti vantar furbetto

Qualunque sia la patria che ora ti ritrovi

è il frutto, la perizia degli antenati tuoi

perché di te qualcosa alla progenie giovi

correggine gli errori, dalle il tuo cuore : puoi !

Se quella goccia-Adamo dal tempo trasformati

in fiumi e umane genti affratellati insieme

del simile il rifiuto non certo generati

ma l’unione in forza, vita speranza… il seme.